Introduzione
Indipendentemente dal loro settore di operatività, i datori di lavoro sono da sempre alla ricerca di sistemi retributivi incentivanti che consentano, da un lato, ai lavoratori di beneficiare di agevolazioni di natura fiscale e contributiva e, dall’altro lato, una contestuale riduzione del correlato costo complessivo a carico del datore di lavoro.
La volontà di perseguire i descritti obiettivi nel corso degli ultimi anni ha determinato un sempre crescente ricorso da parte delle aziende al cd. “Premio di risultato” spesso, però, senza che siano state effettuate le debite e preliminari considerazioni in merito alla effettiva percorribilità dell’istituto in esame e neppure alle implicazioni che da ciò potrebbero derivarne.
Il presente approfondimento è finalizzato ad evidenziare l’ambito di applicazione, le condizioni ed i limiti di operatività del premio di risultato – come delineate dalle norme di legge vigenti in materie e dai documenti di prassi prodotti dai competenti enti ed istituti – oltre che alcuni risvolti di carattere gestionale spesso sottovalutati (talvolta addirittura non considerati).
Agevolazioni fiscali e contributive associate al premio di risultato: ambito soggettivo di applicazione
La presente analisi non può che prendere avvio dalla disamina delle disposizioni di cui ai commi 182-190 della Legge 28 dicembre 2015 n. 208 (la Legge di stabilità per l’anno 2016) oggetto di plurime modifiche nel corso degli ultimi anni. Il citato comma 182, nello specifico, prevede l’assoggettamento ad un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle correlate addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento, dei premi di “ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con il decreto di cui al comma 188, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa”.
Detta imposta, per i soli anni 2023 e 2024, è stata ridotta al 5% (art. 1, comma 63, Legge n. 197/2022 e art. 1, comma 18, Legge n.213/2023).
Deve essere segnalato che, poiché l’applicazione dell’imposta sostitutiva in luogo della tassazione ordinaria può – in taluni casi – determinare un risultato di sfavore per il lavoratore (è, infatti, esclusa la possibilità di avvalersi oneri deducibili o detraibili che, invece, sarebbe possibile far valere nel regime di imposizione ordinario), il dipendente potrà decidere di optare per la tassazione ordinaria se, per lui, più favorevole.
La possibilità di beneficiare dell’imposta sostitutiva è limitata esclusivamente ai lavoratori dipendenti
- appartenenti al settore privato,
- che nell’anno precedente a quello in cui percepiscono il premio di risultato siano stati titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore ad euro 80.000 annui, intendendosi per tale quello assoggettato a tassazione progressiva e non a tassazione separata od imposta sostitutiva, ad eccezione di quelli erogati sotto forma di benefit esclusi da tassazione (per i lavoratori che hanno beneficiato di una riduzione della base imponibile grazie ad agevolazioni correlate al rientro in Italia ed al trasferimento sul territorio nazionale della residenza fiscale, il limite reddituale deve essere calcolato avendo a riferimento l’importo di reddito di lavoro dipendente effettivamente percepito).
Sotto diverso profilo, l’importo del premio assoggettabile ad imposta sostitutiva è limitato a € 3.000,00 (al lordo della ritenuta fiscale del 10/5 per cento e al netto delle trattenute previdenziali obbligatorie), con previsione di assoggettamento a tassazione ordinaria degli importi eccedenti detto limite.
In aggiunta all’agevolazione di carattere fiscale sopra evidenziata, in favore delle aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, su una quota del premio di risultato non superiore ad € 800,00
- è ridotta di venti punti percentuali l’aliquota contributiva a carico del datore di lavoro per il regime IVS,
- non è dovuta alcuna contribuzione a carico del lavoratore,
con conseguente e corrispondente riduzione dell’aliquota contributiva di computo ai fini pensionistici.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate (Circolare 5/E del 19 marzo 2018), “il coinvolgimento paritetico dei lavoratori si realizza mediante schemi organizzativi che permettono di coinvolgere in modo diretto e attivo i lavoratori (i) nei processi di innovazione e di miglioramento delle prestazioni aziendali, con incrementi di efficienza e produttività, e (ii) nel miglioramento della qualità della vita e del lavoro. Il coinvolgimento paritetico dei lavoratori deve essere formalizzato a livello aziendale mediante un apposito Piano di Innovazione”, il tutto al fine di consentire che le opinioni espresse dai lavoratori possano essere considerate di pari livello rispetto a quelle dei responsabili aziendali.
Erogazioni agevolabili: ambito oggettivo di applicazione
Per poter beneficiare delle agevolazioni fiscali e contributive (queste ultime, eventuali) del caso, è innanzitutto necessario chiarire che il premio di risultato deve essere erogato in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 e cioè quelli stipulati rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria, oppure quelli stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Precisato quanto sopra, è ora doveroso definire in modo puntuale quali siano le erogazioni “agevolabili”. In proposito, il Decreto interministeriale 25 marzo 2016, n. 95075, adottato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero dell’Economia e Finanze in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, comma 188 della Legge n. 208/2015, è intervenuto a chiarire, unitamente ad altri elementi, la natura del premio di risultato oltre che le caratteristiche che ne consentono l’imposizione agevolata.
L’art. 2 del citato decreto, al comma 1, chiarisce, innanzitutto, che “per premi di risultato si intendono le somme di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione”; al successivo comma 2, invece, viene definito come i contratti aziendali o territoriali di cui sopra debbano “prevedere criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, che possono consistere nell’aumento della produzione o in risparmi dei fattori produttivi ovvero nel miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi, anche attraverso la riorganizzazione dell’orario di lavoro non straordinario o il ricorso al lavoro agile quale modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, rispetto ad un periodo congruo definito dall’accordo, il cui raggiungimento sia verificabile in modo obiettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati”.
Pertanto, se – da un lato – alla contrattazione (aziendale o territoriale) è rimessa integralmente e liberamente la facoltà di definire la “struttura” dell’erogazione premiale (e, cioè, di definire le condizioni al verificarsi delle quali maturerà il diritto dei lavoratori all’erogazione premiale), emerge chiaramente – dall’altro lato – che per concretamente applicare l’imposta sostitutiva al premio di risultato si renderà necessario rilevare e verificare
- in un periodo congruo temporale,
- attraverso indicatori numerici definiti dalla stessa contrattazione collettiva,
- l’incremento di (almeno) uno degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione previsti dalla norma di legge,
elementi che, pur se anche questi rimessi alla definizione della contrattazione collettiva, necessariamente ne escludono la discrezionalità, vincolandola a parametri oggettivi, verificabili e non ovviabili.
Con riferimento a quanto sopra esposto, si segnala che per “periodo congruo” deve intendersi l’arco temporale (annuale, infrannuale, ultrannuale) individuato dalla contrattazione di secondo livello ed al termine del quale deve essere verificato l’incremento di produttività, redditività etc. il cui conseguimento consente l’applicazione dell’imposta sostitutiva.
Ed infatti, i risultati conseguiti al termine di tale periodo congruo vengono confrontati con i risultati ottenuti nel periodo di egual durata immediatamente precedente: in ipotesi siano rilevati risultati incrementali, il premio da erogare sarà soggetto ad imposta sostitutiva, in caso contrario, sarà soggetto a tassazione progressiva ordinaria.
Per quanto riguarda, invece, gli obiettivi in relazione ai quali deve essere misurabile l’incremento, al decreto del Ministero del Lavoro del 25 marzo 2016 è allegato elenco esemplificativo e non esaustivo dei diversi parametri che potrebbero essere presi a riferimento dalla contrattazione aziendale o territoriale (volume della produzione/numero di dipendenti, fatturato/numero di dipendenti, MOL, indici di soddisfazione del cliente, riduzione degli scarti di produzione etc).
Merita, in proposito di essere segnalato che, ove l’erogazione del premio sia subordinata al raggiungimento di diversi obiettivi
- fra di essi alternativi, ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva, è sufficiente il raggiungimento incrementale di uno solo di questi,
- non alternativi tra di loro, l’imposta sostitutiva potrà essere applicata esclusivamente sulla parte di premio i cui relativi parametri abbiano rispettato il requisito dell’incrementalità.
È doveroso, infine, ricordare che il presupposto per l’applicazione dell’imposta sostitutiva è che l’incrementalità sia verificata e misurata a livello aziendale, con riferimento alla specifica azienda che effettua l’erogazione in favore dei lavoratori.
Quanto sopra esposto induce, inevitabilmente, talune considerazioni:
- in ipotesi la contrattazione aziendale preveda l’erogazione di un premio al raggiungimento di obiettivi di gruppo, il raggiungimento di risultati incrementali con riferimento a tali obiettivi di per sé non giustifica l’applicazione dell’imposta sostitutiva, essendo necessario altresì verificare che la singola azienda abbia conseguito risultati incrementali con riferimento ai parametri presi in considerazione dall’accordo di secondo livello, rispetto a quelli conseguiti nel periodo congruo immediatamente precedente;
- in ipotesi di azienda neo-costituita, pur in presenza di accordo territoriale/aziendale in forza del quale si proceda all’erogazione di un premio di risultato, detta erogazione non potrà essere soggetta all’imposta sostitutiva in quanto i risultati conseguiti nel periodo temporale congruo non potranno essere confrontati con i risultati del periodo temporale immediatamente precedente (in quanto non esistenti) e, conseguentemente, non può sussistere alcuna incrementalità dei risultati.
Modalità pagamento e Conversione
Le modalità di corresponsione del premio di risultato sono definite dai contratti aziendali o territoriali; nulla osta, pertanto, a che detti contratti prevedano la corresponsione di acconti dell’erogazione premiale che sarà erogata successivamente al termine del periodo congruo temporale di riferimento (anche se a parare di chi scrive il riconoscimento di acconti appare incoerente se valutati con riferimento ad una erogazione premiale da riconoscersi sulla base di risultati misurati su un intero dato periodo temporale), tuttavia detti acconti potranno essere assoggettati ad imposta sostitutiva esclusivamente qualora sia riscontrabile al momento della relativa erogazione un incremento in linea con l’obiettivo individuato dal contratto. Resta fermo, ovviamente, il fatto che ove al termine del periodo temporale congruo non sia verificato il “complessivo” conseguimento di risultati incrementali, la tassazione agevolata dell’acconto (di cui si è già beneficiato) risulterà non spettante ed illegittimamente fruita; conseguentemente, il datore di lavoro dovrà provvedere a recuperare le minori imposte versate in occasione dell’erogazione degli acconti per i quali sia stata applicata l’imposta sostitutiva ovvero indicare al dipendente di provvedervi in sede di dichiarazione.
Il premio di risultato, tuttavia, può anche non essere erogato in forma monetaria; ed infatti,
l’art. 1, comma 184, della Legge 208/20015 prevede che il dipendente possa scegliere se ricevere il premio in denaro oppure, in sostituzione del denaro, di riceverlo tutto od in parte sotto forma dei beni e servizi di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR e di cui all’art. 1, comma 184-bis della citata legge 208/2015, beneficiando (nei limiti di detta norma) dell’esenzione contributiva e fiscale correlata a detti beni/servizi.
La predetta esenzione, però, ove riferita ai benefit fruiti in sostituzione di premi di risultato non è illimitata, ed infatti
- non può eccedere l’ammontare massimo delle somme assoggettabili ad imposta sostitutiva (come precedentemente esaminato, pari a 3.000,00 euro), con la previsione che l’eventuale eccedenza concorre ordinariamente alla determinazione del reddito da lavoro dipendente;
- gli importi stabiliti per dette utilità dai commi 2 e dall’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 51 del TUIR.
Per procedere alla “conversione” del premio di risultato in denaro con beni e servizi è, però, necessario che la fungibilità tra la componente monetaria e componente in natura sia espressamente contemplata dai contratti aziendali o territoriali; ove i contratti non contemplino espressamente tale previsione, la sostituzione del premio di risultato con beni e servizi comporterebbe l’assoggettamento a tassazione del benefit in base al suo “valore normale”, al fine di non alterare la base imponibile fiscale e contributiva del reddito di lavoro dipendente.
Corresponsione del premio in misura differenziata tra i lavoratori
La contrattazione aziendale o territoriale può legittimamente definire i criteri e le condizioni per l’erogazione del premio ai lavoratori così come per determinare l’importo loro spettante.
Nel descritto contesto, nulla osta a che l’ammontare del premio sia definito in misura difforme per i differenti dipendenti destinatari dello stesso purché ciò venga fatto sulla base di criteri oggettivi e non tali da nascondere l’intenzione del datore di lavoro di andare a premiare singoli lavoratori; pertanto, a titolo esemplificativo è legittima l’erogazione di un premio di risultato differenziato, graduato in ragione della RAL dei lavoratori dipendenti ovvero in ragione dell’appartenenza del lavoratore ad un determinato settore aziendale o, ancora, in ragione dei giorni di assenza registrati nel corso del periodo di maturazione del premio (Circolare agenzia delle Entrate 29 marzo 2018, n. 5/E).
Deposito
In conclusione, si segnala che ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva i contratti territoriali e aziendali che disciplinano il premio di risultato devono essere depositati entro 30 giorni dalla loro sottoscrizione (allegando ai medesimi altresì una dichiarazione a mezzo della quale si attesa la conformità del contratto depositato alle disposizioni del decreto del Ministero del Lavoro del 25 marzo 2016); detto termine, tuttavia, è meramente ordinatorio e, pertanto, anche ove non rispettato, il premio di risultato risulterebbe comunque agevolabile, purché i contratti aziendali o territoriali risultino essere già depositati “almeno” nel momento di erogazione.
Criticità connesse alla definizione del contratto aziendale
La definizione del contratto aziendale volto ad istituire un premio di risultato ed a definirne la regolamentazione racchiude in sé delle evidenti criticità gestionali.
Ed infatti, se da un lato RSU/RSA ovvero le organizzazioni sindacali di riferimento saranno intenzionate ad istituire un’erogazione premiale quanto più “certa” possibile, definendo per gli obiettivi che verranno congiuntamente individuati risultati facilmente raggiungibili (peraltro con la garanzia dell’applicazione dell’imposta sostitutiva) dall’altro lato il datore di lavoro porrà la massima attenzione a non prestarsi a compromessi che lo possano in un secondo momento mettere in una posizione di sfavore nei confronti dei lavoratori dipendenti ovvero degli enti ed istituti; per tale motivo il datore di lavoro
- al fine di poter “garantire” l’applicazione dell’imposta sostitutiva deve prevedere la corresponsione di erogazioni premiali al raggiungimento di risultati che siano incrementali rispetto a quelli misurati nel periodo temporale di riferimento immediatamente precedente,
oppure,
- nel definire la corresponsione di erogazioni premiali al raggiungimento di risultati non incrementali, dovrà necessariamente chiarire al personale dipendente che l’imposta sostitutiva verrà applicata solo in ipotesi di risultati complessivamente raggiunti al termine del periodo temporale di riferimento in relazione agli obiettivi assegnati dovessero risultare incrementali rispetto a quelli del periodo temporale immediatamente precedente; ove così non fosse e dovesse essere applicata la tassazione ordinaria, i lavoratori dovranno essere altresì edotti che l’eventuale conversione in beni/servizi del premio di risultato spettante non garantirà alcuna esenzione dall’imponibile fiscale e contributivo, dovendosi tali retribuzioni in natura essere ordinariamente assoggettate (sia dal punto di vista contributivo che fiscale) secondo il loro valore “normale”.
Ove il datore di lavoro non agisca come sopra descritto, contribuirebbe a creare nei lavoratori aspettative per quanto attiene il regime fiscale applicabile che in un secondo momento – quando disattese – determinerebbero l’insorgere di evidenti problematiche di carattere gestionale.
Si rimane a disposizione per qualsiasi eventuale ulteriore confronto si dovesse ritenere opportuno