L’art. 28 del D.L. n. 60/2024, recante ‘Ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione’ e convertito in legge lo scorso 7 luglio 2024 in forza della Legge n. 95/2024, introduce ‘disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del lavoro sommerso’ nell’ambito degli appalti sia pubblici che privati, modificando a sua volta l’art. 29, c. 10-12 del D.Lgs. n. 276/2003.

In particolare, il novellato art. 29, c. 10 del testé richiamato D.Lgs. n. 276/2003 prevede che prima di procedere al saldo finale dei lavori nell’ambito di un appalto pubblico o privato per la realizzazione di lavori edili

  • il responsabile del progetto (RUP), ove trattasi di un appalto pubblico (art. 15 del D.Lgs. n. 36/2023)

o

  • il designato direttore dei lavori di un appalto pubblico (art. 114 del D.Lgs. n. 36/2023) o, nell’ipotesi di appalto privato, il committente quando questi non abbia nominato un direttore dei lavori

sono tenuti a verificare la congruità dell’incidenza della manodopera sull’opera complessiva.

Tale verifica dovrà essere condotta nei termini e secondo le modalità che saranno definite mediante apposito decreto ministeriale.

Nel caso in cui nell’ambito di un appalto pubblico il RUP proceda al saldo finale in carenza di i) un esito positivo dell’attività di verifica di congruità o di ii) una regolarizzazione qualora siano state accertate incongruenze, la stazione appaltante ne tiene conto in sede di valutazione della prestazione del RUP stesso (art. 29, c. 11 del D.Lgs. n. 276/2003). Restano in ogni caso fermi i profili di responsabilità amministrativo-contabile del RUP.

Per quanto concerne gli appalti privati di lavori edili dal valore complessivo uguale o superiore a 70mila euro, è fatto obbligo al committente di versare il saldo finale solo una volta che sia stato acquisita – dal committente stesso o dal direttore dei lavori, se nominato – l’attestazione di congruità.

L’effettuazione del versamento del saldo a beneficio dell’appaltatore in mancanza di una verifica conclusasi con esito positivo o di una regolarizzazione laddove siano state rilevate difformità è punita con la sanzione amministrativa d’importo compreso tra 1.000 e 5.000 euro.

 

Si rimane a disposizione per qualsiasi eventuale ulteriore confronto si dovesse ritenere opportuno.