A seguito del discutibile e criticato citato provvedimento, il Garante per la Protezione dei Dati Personali (GPDP) ha dovuto sospendere l’efficacia del documento di indirizzo “Programmi e servizi informatici di gestione della posta elettronica nel contesto lavorativo e trattamento dei metadati”, avviando una consultazione pubblica circa la congruità del termine massimo – stabilito in sette giorni – di conservazione dei dati relativi all’utilizzo della posta elettronica aziendale da parte dei lavoratori (avviso pubblico del 27 febbraio 2024).

I datori di lavoro interessati, così come gli esperti del settore, avranno a disposizione 30 giorni – decorrenti dalla data di prossima pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale – per presentare al Garante proposte e osservazioni.

Come noto, con il predetto documento di indirizzo, il GPDP aveva affermato che il datore di lavoro avrebbe potuto legittimamente conservare i metadati relativi all’utilizzo della posta elettronica da parte del lavoratore – trattasi di dati ancillari quali, ad esempio, il giorno e l’orario di trasmissione della e-mail, l’oggetto, il mittente e il destinatario – per un periodo massimo di sette giorni, eventualmente estensibile di ulteriori 2 giorni al ricorrere di comprovate ragioni.

Senza contare l’ulteriore onere (sempre deciso dal Garante) secondo il quale se il datore di lavoro avesse avuto la necessità di trattare i metadati per un periodo di tempo più esteso, lo stesso sarebbe stato obbligato a ricorrere alla procedura di cui allo Statuto dei Lavoratori stipulando uno specifico accordo collettivo ovvero, in carenza, richiedendo l’autorizzazione all’Ispettorato del lavoro territorialmente competente (art. 4 della Legge n. 300/1970).

In ragione delle evidenti difficoltà (non solo) di natura organizzativa che un periodo di conservazione così circoscritto avrebbe determinato nella gestione delle informazioni condivise mediante posta elettronica, il Dicastero del Lavoro – per il tramite del suo Ministro – aveva auspicato l’adozione di una soluzione dalla stessa definita “semplificata” (senza altro precisare) forse troppo affrettandosi rispetto ad una compiuta analisi di diritto e della correlata giurisprudenza.

Il provvedimento del Garante in parola aveva suscitato parecchie perplessità sia in ordine agli aspetti operativi di una sua puntuale esecuzione sia rispetto alle interazioni che il provvedimento stesso aveva previsto per consentire l’eventuale proroga dei termini ascritti: un termine nella conservazione dei sopra riportati metadati comporterebbe di fatto l’inutilizzo della posta elettronica nel suo complesso perché la sola consultazione decontestualizzata del testo (senza quindi gli elementi utili alla sua ricerca e individuazione degli scriventi) la renderebbe priva di quei requisiti legali che invece le Corti di Giustizia stanno compiutamente utilizzando proprio ai sensi del art. 160-bis del Codice privacy.

Pare di tutta evidenza che la l’apposizione di un termine stesso comporterebbe infatti delle palesi difficoltà di gestione della prestazione lavorativa oltre che del business e si deve aggiungere che a questo specifico riguardo la Giurisprudenza – anche recentissima – ha ritenuto che l’utilizzo delle informazioni personali raccolte dal datore di lavoro costituisca già di per sé una violazione del codice della privacy e pertanto non sarebbe da considerarsi di rilievo processuale lavoristico ma utili alla giustizia qualora confermassero la commissione di un reato.

Inoltre, sotto medesimo sorprendente profilo, l’interazione di un processo di confronto sindacale ai art. 4 dello Statuto dei Lavoratori – introdotto dal Garante in maniera inedita e certamente maldestra – allo scopo di consentire l’allungamento di detto periodo di conservazione costituirebbe un nuovo genus giuridico in considerazione del fatto che la posta elettronica non è certo uno strumento di controllo a distanza della prestazione lavorativa e pertanto l’applicazione dello statuto dei lavoratori risulterebbe aliena.

Facile ricordare a riguardo che proprio nel cd Job Act il Legislatore aveva tenuto a specificare che potessero essere oggetto di controllo a distanza strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa.

Si resta, dunque, in attesa degli esiti della consultazione pubblica avviata dal Garante peraltro non tacendo la stranezza relativa al fatto che questa venga effettuata ex post e non ex ante rispetto ad un provvedimento di tale portata

Si rimane a disposizione per qualsiasi eventuale ulteriore confronto si dovesse ritenere opportuno.