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JUS LUGLIO |
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Licenziamento discriminatorio Con ordinanza 20 maggio 2024, n. 13934, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la discriminatorietà del licenziamento irrogato al lavoratore caregiver in ragione del suo rifiuto al trasferimento in una sede eccessivamente distante dal domicilio dell’assistito, posto che la normativa sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro non si riferisce ai soli lavoratori con disabilità, ma si estende anche ai lavoratori che si prendono cura di familiari con disabilità. Nel caso di specie, il lavoratore caregiver, titolare dei diritti di cui alla Legge n. 104/1992, ha impugnato giudizialmente il licenziamento irrogatogli per giustificato motivo oggettivo a seguito del suo rifiuto a trasferirsi in una sede aziendale distante sia da quella di originaria adibizione che dalla residenza del coniuge assistito. La Suprema Corte ha rilevato che non considerare la situazione personale del lavoratore caregiver e trattarlo – nell’ambito di una riorganizzazione finalizzata ad una maggiore efficienza economico-finanziaria dell’impresa – in maniera sfavorevole rispetto al trattamento riservato ad altri lavoratori che versano in una situazione equiparabile, integra una condotta discriminatoria diretta. In particolare, per la Corte di Cassazione ‘occorre porre in luce che la Corte di Giustizia UE ha da tempo affermato che la direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, C-2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e, in particolare, i suoi art. 1 e 2, n. 1 e 2, lett. a), devono essere interpretati nel senso che il divieto di discriminazione diretta ivi previsto non è limitato alle sole persone che siano esse stesse disabili. Conseguentemente qualora un datore di lavoro tratti un lavoratore che non sia esso stesso disabile, in modo sfavorevole rispetto al modo in cui è, è stato o sarebbe trattato un altro lavoratore in una situazione analoga, e sia provato che il trattamento sfavorevole di cui tale lavoratore è vittima è causato dalla disabilità dell’assistito, al quale presta la parte essenziale delle cure di cui quest’ultimo ha bisogno, un siffatto trattamento viola il divieto di discriminazione diretta enunciato al detto art. 2, n. 2, lett. a) (Corte Giustizia UE, grande sezione, 17 luglio 2008, n. 303)’. Al ricorrere di tali circostanze ‘incombe sul lavoratore l’onere di dimostrare il fattore di rischio (ossia la situazione di disabilità grave in cui versa il congiunto) e il trattamento che assume come meno favorevole rispetto a quello riservato a soggetti in condizioni analoghe, deducendo al contempo una correlazione significativa tra questi elementi’. Al lavoratore, avendo adempiuto al predetto onere della prova – peraltro dimostrando ‘la presenza di sedi diverse da quelle offerte dalla società con le proposte di trasferimento, più vicine alla residenza dell’assistito’ – è stato riconosciuto il diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro. Si rimane a disposizione per qualsiasi eventuale ulteriore confronto si dovesse ritenere opportuno. |
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© Copyright ArlatiGhislandi, Milano – 2023 La traduzione, l’adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo nonché la memorizzazione elettronica sono riservati. |
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