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Ambiente Stressogeno

Con sentenza 7 giugno 2024, n. 15957, la Corte di Cassazione ha affermato che la presenza di un clima lavorativo stressogeno è un fatto ingiusto che, anche in assenza di una condotta datoriale che integri gli estremi del mobbing, determina in capo al lavoratore il diritto al risarcimento del danno alla salute.

Nel caso in esame, la lavoratrice è ricorsa giudizialmente al fine ottenere il risarcimento del danno per le vessazioni datoriali subìte e ‘consistenti in condotte ostili di carattere discriminatorio e persecutorio, da cui era conseguita la mortificazione morale e l’emarginazione della stessa nell’ambiente di lavoro, con effetti lesivi del suo equilibri psico-fisico e della sua personalità’.
In via preliminare, la Corte di Cassazione ha ribadito le definizioni di mobbing e straining. In particolare, secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, ‘la nozione di mobbing, come quella di straining, è una nozione di tipo medico-legale che non ha autonoma rilevanza ai fini giuridici e serve soltanto per identificare comportamenti che si pongono in contrasto con l’art. 2087 del cod. civ. e con la normativa in materia di tutela della salute negli ambienti di lavoro’.

Il ‘mobbing lavorativo è configurabile ove ricorra l’elemento obiettivo, integrato da una pluralità continuata di comportamenti pregiudizievoli per la persona interni al rapporto di lavoro e quello soggettivo dell’intendimento persecutorio nei confronti della vittima, a prescindere dalla legittimità intrinseca di ciascun comportamento, in quanto la concreta connotazione intenzionale colora in senso illecito anche condotte altrimenti astrattamente legittime, il tutto secondo un assetto giuridico pienamente inquadrabile nell’ambito civilistico, ove si consideri che la determinazione intenzionale di un danno alla persona del lavoratore da parte del datore di lavoro è in re ipsa ragione di violazione dell’art. 2087 del cod. civ. e quindi di responsabilità contrattuale, anche con i maggiori effetti di cui all’art. 1225 del cod. civ. per il caso di dolo’.
È invece ‘configurabile lo straining, quando vi siano comportamenti stressogeni scientemente attuati nei confronti di un dipendente, anche se manchi la pluralità delle azioni vessatorie’.
La Suprema Corte ha poi rilevato che, in tema di tutela della salute dei lavoratori, ‘un ambiente lavorativo stressogeno è configurabile come fatto ingiusto, suscettibile di condurre anche al riesame di tutte le altre condotte datoriali allegate come vessatorie, ancorché apparentemente lecite o solo episodiche, in quanto la tutela del diritto fondamentale della persona del lavoratore trova fonte diretta nella lettura, costituzionalmente orientata, dall’art. 2087 del codice civile’. Su tali presupposti, i Giudici di legittimità hanno accolto il ricorso della lavoratrice, riconoscendo il diritto della stessa al risarcimento del danno richiesto.


                   








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