Per gli assunti con il contratto a tutela crescenti (a far data dal 7 marzo 2015), il D.lgs. 23/2015 prevede, in caso di recesso ingiustificato del DDL, una tutela di natura essenzialmente indennitaria (essendo la reintegra nel posto di lavoro prevista come sanzione residuale ed isolata alle ipotesi di licenziamento discriminatorio e per giustificato motivo soggettivo/giusta causa nel caso in cui venga provata l’insussistenza del fatto materiale contestato).
La misura dell’indennità consiste in un risarcimento che verrà determinato dal giudice in relazione al caso concreto (Cfr. Corte Cost. n.194/2018).
Pertanto nel caso in cui il Giudice accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, soggettivo o per giusta causa:
- dichiara estinto il rapporto di lavoro;
- condanna il DDL al pagamento di un’indennità non soggetta a contribuzione previdenziale in misura non inferiore a 6 mensilità e non superiore a 36.
A fronte di un licenziamento, un lavoratore a cui si applica il contratto a tutele crescenti potrà rientrare in azienda, per decisione del giudice, nelle seguenti ipotesi:
Licenziamento discriminatorio, nullo o intimato in forma orale:
In tali ipotesi, il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento, stabilisce la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro (il rapporto si intende comunque risolto se a seguito dell'ordine di reintegrazione il lavoratore non riprende servizio entro 30 giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di 15 mensilità).
A favore del dipendente è altresì riconosciuta una somma a titolo di risarcimento, commisurata alle retribuzioni perse tra il licenziamento e il rientro in azienda, con un minimo di cinque mensilità, nonché al versamento da parte del datore di lavoro dei relativi contributi previdenziali e assistenziali. In alternativa, il dipendente può scegliere di non ritornare al suo posto di lavoro e di incassare un’indennità aggiuntiva pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione. Tale decisione deve essere presa entro 30 giorni dall’invito a ritornare al lavoro o dalla comunicazione del deposito della pronuncia del giudice.
Accertata insussistenza materiale del fatto contestato nelle sole ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa:
In tale ipotesi il giudice annulla il licenziamento e stabilisce la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. A favore del lavoratore dovrà essere corrisposta un’indennità risarcitoria che non potrà essere superiore a 12 mensilità calcolata dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro. Per il medesimo periodo il datore di lavoro è tenuto a versare anche i contributi previdenziali ed assistenziali.
Anche in questo caso il lavoratore, in alternativa alla reintegra, può optare per l'indennità pari a 15 mensilità.